
I pm di Perugia hanno contestato l’accusa di sequestro di persona al capo dello Sco Renato Cortese, al questore di Rimini Maurizio Improta, ad altri 5 poliziotti e al giudice di Pace Stefania Lavore per il caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako, Mukhtar Ablyazov, espulsa dall’Italia nel 2013. Ai tempi dei fatti Renato Cortese, era a capo della squadra mobile di Roma, e Maurizio Improta a capo dell’ufficio stranieri della questura della Capitale. Alma Shalabayeva e la figlia di 6 anni sarebbero state sequestrate e rimpatriate in Kazakistan, venendo così esposte a possibili ritorsioni. “Sono assolutamente sereno – ha dichiarato Cortese all’Ansa – e ho la massima fiducia nell’operato della magistratura: conto di poter chiarire al più presto la mia posizione». “La magistratura di Perugia ha dimostrato grande indipendenza e autonomia – ha detto all’Adnkronos Astolfo di Amato, legale della Shalabayeva – Alma ha presentato la denuncia alla procura con grande fiducia. La denuncia era per sequestro di persona, quindi quello che è stato scritto avrà trovato conferma nelle indagini. Guardiamo con attenzione, poi valuteremo se costituirci parte civile”. La storia. Il 28 maggio 2013, la donna venne fermata in una villa a Casalpalocco (Roma) con l’accusa di possesso di un passaporto falso – successivamente fu confermato che era invece valido – dalle forze dell’ordine, che stavano cercando il marito sul quale pendeva un mandato di cattura internazionale. Tre giorni dopo, fu espulsa dall’Italia e imbarcata con la figlia più piccola su un aereo diretto in Kazakistan, sembra pagato dall’ambasciata del Paese. Venuta alla luce la vicenda – fecero discutere i forti sospetti di eventuali pressioni del governo kazako su quello italiano – dopo un appello di Ablyazov al premier Letta, il 12 luglio fu revocata l’espulsione della moglie del dissidente. Il capo della polizia Pansa, nel frattempo, fece sapere che non era noto che Ablyazov fosse un dissidente politico, possibile oggetto di ritorsioni, nè risultava una domanda di asilo da parte della moglie. La UE bacchettò l’Italia per una vicenda ritenuta assurda e il 29 luglio la procura di Roma aprì un’inchiesta su presunte omissioni nell’espulsione di Alma; a settembre, l’ambasciatore del Kazakistan in Italia, il consigliere per gli affari politici e l’addetto agli affari consolari, finirono nel registro degli indagati. Dal 27 dicembre 2013 Alma è di nuovo in Italia con la figlia più piccola: entrambe hanno ottenuto lo status di “rifugiato”, valido 5 anni. Ablyazov, nonostante alcune richieste di estradizione, è detenuto in Francia dove fu arrestato ad agosto del 2013.
L. B.