
Sei persone risultano indagate per i reati di frode in commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, in concorso tra loro. L’inchiesta, che potrebbe avere ulteriori sviluppi, è portata avanti dal Corpo forestale dello Stato nel brindisino e nel barese su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. I Forestali, coordinati dal Nucleo Agroalimentare e Forestale (Naf) di Roma, dal Comando Provinciale di Bari e dalla Sezione di polizia giudiziaria del Corpo forestale dello Stato della Procura della Repubblica di Bari, hanno effettuato controlli su molte aziende aventi sede a Fasano, Grumo Appula e Monopoli.
L’inchiesta fa riferimento alla campagna olivicola 2014-2015, anno come noto molto difficile per la produzione che secondo i dati Ismea si è attestata intorno alle 235mila tonnellate. Attraverso specifici e innovativi controlli, effettuati all’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (CNR – IBBR) di Perugia, gli investigatori del Naf hanno scoperto che migliaia di tonnellate di olio ottenuto mediante la miscelazione di oli presumibilmente extravergini provenienti anche da Paesi extra Unione Europea come Siria, Turchia, Marocco e Tunisia venivano venduti sul mercato nazionale e internazionale con tanto di dicitura “100% italiano”.
Si tratta della seconda truffa dell’olio d’oliva in poche settimane: il mese scorso, le indagini condotte dal pm Raffaele Guariniello, che ha promosso i primi accertamenti dopo aver ricevuto una segnalazione da parte di una rivista di tutela dei consumatori, avevano messo sotto inchiesta sette rappresentanti legali di aziende olearie, indagati con l’accusa di frode in commercio. Sulla vicenda era intervenuta la Coldiretti, sottolineando: “Se si vuole acquistare un buon extravergine italiano bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 6-7 euro al litro che non coprono neanche i costi di produzione”. Intanto l’inchiesta si sta allargando e si indaga anche sull’ipotesi che le olive possano provenire dall’estero, proprio come nel caso del “filone” pugliese.
GM