
Mentre in Italia da anni si discute rispetto a una legge organica contro la piaga della ludopatia, una barista di Viareggio fa una scelta da ammirare: “Il bar non lo sentivo più mio. Non era più il mio bar, ma di quelle macchinette. Così ho deciso di togliere le slot ma ci sono riuscita solo dopo due anni”. Questo il racconto di Azzurra Cerri, proprietaria del bar ‘Why not’, che è andata anche oltre, così lo spazio rimasto vuoto è ora occupato da una libreria: “Chiedo a tutti di portarmi libri. Mi porti un libro e ti offro un caffè. Facciamo eventi, l’ultimo un corso di scrittura creativa”. La svolta ha portato magari meno introiti al bar, ma Azzurra Cerri – intervistata da ‘Avvenire’ – è soddisfatta: “Guadagno 7-800 euro in meno al mese ma ho riacquistato la tranquillità. E chi prima giocava con quelle macchinette è rimasto come cliente”.
Tante le persone con il vizietto delle slot machine che la barista ha visto passare in questi anni dal suo esercizio commerciale: “Vedevo molte donne, soprattutto anziane, pensionate, che si rovinavano. Dalla mattina alla sera per recuperare 200 euro. Signora devo chiudere, dicevo. E l’altra scoppiava a piangere: ‘Ancora un attimo, devo recuperare’. Un signore entrava e senza dirmi niente andava ad accendere lui le slot che io tenevo spente. Altri venivano alla cassa per chiedermi soldi: ‘Azzurrina mi dai 10 euro?’. Altri ancora litigavano tra di loro, proprio per le slot. Restavano ore e consumavano solo un caffè”. Come se non bastasse, le macchinette attiravano i ladri: “Ho avuto tre furti e uno tentato. E oltre a perdere i soldi che erano nelle slot mi toccava riparare saracinesche e porte sfondate”. Azzurra Cerri ricorda: “Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata quando un signore, che aveva perso molti soldi e forse aveva anche bevuto troppo, mi ha cominciato ad accusare dicendo che le slot truffavano e ha minacciato di chiamare la Guardia di Finanza. A quel punto ho deciso di non accenderle più, né di rispondere al telefono alle chiamate della società delle slot”.
Non è stato però semplice: “Mi hanno fatto vedere il contratto dove, piccolo piccolo, c’era scritto che in caso di rinuncia prima di dieci anni io avrei dovuto pagare 10mila euro. Allora sono andata al Suap per essere aiutata e invece lì mi hanno detto che era impossibile revocare le slot perché avrei dovuto chiudere la società e riaprirne un’altra”. Ma la barista tiene duro: “Tenevo le macchinette spente, mettevo il cartello ‘guasto’. E loro mi chiamavano. ‘Azzurrina vediamo che le tieni spente. Attenta che pagherai le multe’. Mi minacciavano, mi insultavano”. Infine, “dopo cinque mesi mi tolgono le slot e non pago nessuna multa. In tutto ho dovuto aspettare due anni”. Azzurra Cerri conclude: “Avevamo sbagliato, ci eravamo illusi del guadagno facile. Invece mi stavo ammalando. Ora sono contenta di quello che faccio, sono tranquilla. E spero che anche altri bar mi seguano. Già è successo ma dobbiamo essere tutelati nelle nostre scelte. Oggi non lo siamo. Non siamo liberi”.
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GM