
Massacrato di botte e incaprettato: così è stato trovato il 21 marzo di nove anni fa, in un magazzino a Venezia, Giampaolo Granzo, fruttivendolo quarantenne. L’uomo era padre di due bambini e sua moglie, Romina, era incinta di otto mesi. La morte del fruttivendolo era stata davvero atroce: in base alla ricostruzione, un sistema di funi lo aveva immobilizzato mani e piedi in modo che ad ogni movimento il cappio si stringesse di più al collo. A ucciderlo era stato il moldavo Gheorghe Vacaru, un suo dipendente, pare per rubargli mille euro.
L’assassino venne condannato in via definitiva a trent’anni di carcere nel 2011, poi grazie alla Convenzione internazionale sugli spostamenti dei condannati, Vacaru potè tornare in Moldavia. Romina Vianello, vedova di Giampaolo Granzo, già dopo il processo di primo grado manifestò la propria voglia di giustizia, sottolineando: “I miei figli non hanno più un padre, io non ho più un marito. Lui è sotto terra per sempre e quello là tra qualche anno sarà fuori”. Mai si sarebbe aspettata che Gheorghe Vacaru venisse scarcerato appena due anni dopo il rientro in Moldavia, suo Paese d’origine dove aveva già provato a scappare e nascondersi subito dopo l’omicidio.
L’uomo rientrò in Italia un anno e mezzo dopo e venne bloccato a Monza, poi fu condannato a 18 anni con rito abbreviato, i legali della famiglia Granzo fecero ricorso in Appello e gli anni divennero trenta. Nel mezzo anche un tentativo di evasione da Santa Maria Maggiore. Ora l’avvocato Mauro Serpico sulle pagine del Corriere della Sera conferma che Gheorghe Vacaru è libero in Moldavia e la vedova Granzo manifesta tutto il suo disappunto: “Non sono mai riuscita a sapere in quale carcere fosse e così non ho potuto avere nulla. La domanda che viene rivolta alle autorità moldave dai familiari del fruttivendolo è come possa essere accaduto che i tempi di scarcerazione siano stati così rapidi.
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GM