
Il sindaco di Milano Beppe Sala è indagato nell’ambito dell’inchiesta per corruzione e turbativa d’asta sulla ‘Piastra dei Servizi’ di Expo, l’appalto più rilevante dell’Esposizione universale per i lavori di preparazione dell’area su cui sono sorti i padiglioni. Il primo cittadino, che deve rispondere di falso materiale, ha deciso di autosospendersi dalla carica: “Apprendo da fonti giornalistiche – ha spiegato Sala – che sarei iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di sindaco, determinazione che formalizzerò domani mattina nelle mani del Prefetto di Milano”.
Giuseppe Sala all’epoca dei fatti era commissario straordinario del governo per Expo 2015, ma non è mai stato sentito dai magistrati anche se aveva consegnato un audit sulla vicenda. Insieme a lui risulta indagato il legale rappresentante del gruppo Pizzarotti, accusato di tentata turbativa d’asta. In un’altra tranche dell’inchiesta risultano essere indagati per corruzione e turbativa d’asta gli ex manager di Expo, Antonio Acerbo e Angelo Paris; l’ex presidente di Mantovani, Piergiorgio Baita; Erasmo e Ottavio Cinque, padre e figlio, titolari di Socostramo, che faceva parte del consorzio vincente.
In base a quello che scrive il Nucleo di Polizia tributaria, Giuseppe Sala, , insieme con il responsabile unico all’epoca del procedimento Carlo Chiesa e l’allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento “irreprensibile e lineare”. Per i finanzieri, “pur con gradi di responsabilità diversi attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l’appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all’interno della stessa”.
L’allora commissario straordinario, inoltre, in base a quanto afferma l’ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”.
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GM