
“Lasciamo l’Ue, non l’Europa”. E’ questo il succo del discorso programmatico nel quale la premier britannica Theresa May ha illustrato quest’oggi il piano di Londra per il divorzio da Bruxelles. Un divorzio netto e totale, ma da mettere in atto “a fasi”. A sette mesi dal referendum che ha approvato la Brexit, May auspica “un accordo su misura” e tiene gli occhi puntati sui futuri negoziati con l’Ue. Nel suo intervento lungo circa 45 minuti, tenuto a Lancaster House di fronte ad ambasciatori e funzionari del governo, l’inquilina di Downing Street ha spiegato di avere 12 obiettivi, a partire dalla fine del libero movimento dei cittadini e dalla revisione ruolo della Corte europea in Gran Bretagna, ma ha anche espresso l’augurio che le misure funzionali al “divorzio” possano essere introdotte in modo graduale, per garantire “una Brexit stabile e ordinata”. “Non vogliamo rimettere indietro le lancette dell’orologio – ha chiarito – ma abbiamo fatto questa scelta per ripristinare la nostra democrazia parlamentare”. Soprattutto, il mercato unico europeo non è un’opportunità per un paese che, oltre a voler diventare globale, mira a “controllare il numero di immigrati che entrano” nel Regno. E infine ha lanciato un monito: “Un accordo punitivo” nei confronti del Regno Unito sarebbe un gesto di autolesionismo per l’Unione europea”. Dunque, “meglio nessun accordo che un cattivo accordo”.
Un discorso storico
La “linea” di Theresa May è in fondo quella che già anticipata la scorsa estate. La Brexit segna per il suo Paese “un momento storico” e gli offre l’occasione di diventare “più globale”. Ma resta il no alle mezze misure: la Gran Bretagna, ha precisato la leader conservatrice, non dovrà stare “mezza dentro, mezza fuori”, né “tenere parte dei benefici, lasciandone altri”. No dunque a una Brexit che ricalchi gli accordi di altri Paesi, come la Norvegia o la Svizzera. L’obiettivo è un’intesa “fatta su misura”, fermo restando che indipendentemente dall’esito del referendum “è nell’interesse nazionale del Regno Unito che l’Unione europea continui ad avere successo”. “Lasciamo l’Unione – ha scandito May – ma non l’Europa”.
“La forza dell’Europa è nella sua grande diversità”, ha fatto poi notare May. “C’è chi crede che la diversità vada affrontata forzando un modello uguale per tutti”, ha aggiunto, ricordando che il suo predecessore David Cameron aveva cercato, prima di dimettersi, di trovare un accordo sufficientemente ampio e condiviso, senza riuscirci. Detto questo, la decisione di lasciare l’Ue non equivale “a un rifiuto dei nostri valori comuni”. Anzi: su fronti come quello dell’intelligence e della sicurezza occorre una maggiore collaborazione. Così come è importante rafforzare l’unione interna tra Nord Irlanda, Scozia, Galles e Inghilterra, per costruire una Gran Bretagna “più equa, più forte e più globale”. Proprio per questo l’accordo definitivo verrà messo al voto della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord. Quanto all’unione doganale, la posizione del Regno Unito non è ancora definita. In seno al governo diversi stretti collaboratori del premier, come il cancelliere Philip Hammond, premono per continuare a farne parte. May ha tuttavia rimarcato che il suo obiettivo è la creazione di “un accordo commerciale ampio e inclusivo”.
Nuovi scenari
Nel frattempo, c’è chi mette in guardia da rischi e pericoli che, in questo nuovo assetto, potrebbero profilarsi all’orizzonte. Secondo la presidente di CBI (la Confindustria britannica), Carolyn Faibairn, infatti, “uscire dal mercato unico senza preparazione comporterebbe seri rischi per il paese”. E la preoccupazione non è limitata all’economia. Anche il fronte politico è “caldo”: il premier della Scozia ha promesso, ormai da settimane, un nuovo referendum per l’indipendenza del Paese in caso di uscita dal mercato unico (la Scozia si era schierata in maggioranza per il Remain). C’è dunque da aspettarsi un annuncio sul referendum nei prossimi giorni. L’altra novità che bolle in pentola è il possibile accordo commerciale privilegiato tra Regno Unito e USA. “La Brexit è una grande cosa”, ha sostenuto il neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump in un’intervista alla rivista britannica Times, aggiungendo che “cercheremo di fare un accordo più in fretta possibile”. Di più: “Voglio che si faccia in 6 o 12 mesi”, ha confidato The Donald.
Intanto si è fatto sentire anche il ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, nel corso dell’audizione alle Commissioni riunite Esteri di Camera e Senato: “Noi quest’anno avremmo le elezioni nei Paesi Bassi, in Francia, in Germania, e avremo anche la Brexit, ma il Regno Unito sta per uscire dall’Unione, non dall’Europa. Nel mio incontro con Theresa May ho ribadito che il nostro governo tutelerà l’interesse nazionale, visto che abbiamo migliaia di italiani che lavorano là”, ha dichiarato il titolare della Farnesina. “Le ho fatto presente – ha aggiunto riferendosi ancora a May – che centinaia di migliaia di italiani lavorano, in tutti i campi – da ruoli di rilievo a quelli marginali – nel Regno Unito. Dobbiamo difendere la loro presenza lì”. Detto questo, “dobbiamo pensare che la Gran Bretagna sta uscendo dall’Unione e non dall’Europa, e che esistono altre realtà, come l’Osce, che tengono uniti i paesi europei. La sicurezza globale è una priorità da cui non si può prescindere. Ci sono fori europei che in materia di sicurezza ci devono fare stare uniti”.