
Mentre sul fronte esterno la Russia è impegnata a “monitorare” l’attività degli Usa nei mari della Corea del Nord e a lanciare provocazioni come il volo di due bombardieri vicino ai cieli dell’Alaska, su quello interno si dimostra piuttosto estremista e netto, soprattutto nei confronti delle minoranze religiose. In questo caso ad avere la peggio sono stati i Testimoni di Geova. Infatti ieri La Corte Suprema ha accolto una richiesta del ministero della Giustizia e ha vietato tutte le attività del movimento religioso in Russia poiché ritenuto estremista e pericoloso. Inoltre ne ha confiscato tutti i beni. Dunque da oggi i 175mila Testimoni di Geova non potranno più professare la loro religione e se saranno sorpresi a pregare rischiano multe tra 300mila e 600mila rubli (circa 5mila-10mila euro) e il carcere da sei a 10 anni.
Jaroslav Sivulskij, 48 anni, portavoce della congregazione russa commenta così: “Siamo scioccati da quest’ingiustizia. Durante il processo il ministro della Giustizia non ha presentato alcuna prova d’estremismo. Abbiamo semmai ascoltato numerose testimonianze inconfutabili sulla nostra innocenza. Siamo tornati all’era sovietica quando noi Testimoni di Geova eravamo perseguitati. Mio padre trascorse sette anni in prigione, inclusi sei mesi in isolamento. Mia madre, appena diciottenne, venne condannata a 10 anni di carcere. Fu rilasciata dopo quattro grazie a un’amnistia alla morte di Stalin, ma dovette andare in esilio in Siberia insieme alla sua famiglia”.
Negli anni ’90 c’era stata un’apertura: “Sembrava che avessimo riconquistato la libertà, ma non è così. Andremo in prigione di nuovo. Non smetteremo di credere nel nostro Dio e di praticare la nostra religione. Non abbiamo smesso sotto il regime sovietico, non smetteremo nel ventunesimo secolo. Non ci arrendiamo”.
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F.B.