
Sono passate ormai settimane da quando la polizia di Rimini è riuscita ad individuare ed arrestare i quattro membri della gang che ha compiuto gli stupri sul lungomare della città della riviera. Le indagini sono tutt’ora in corso anche perché durante gli interrogatori ai quattro accusati sono emerse delle versioni discordanti: se i due minorenni marocchini e il minorenne nigeriano hanno indicato come ideatore degli stupri il congolese Butungu, questo ha negato i capi d’accusa ed affermato di non conoscere nemmeno i due accusatori.
La versione del ‘Capo branco’, però non è convincente, tutti gli altri indagati hanno confermato non solo le atrocità raccontante alla polizia dalla turista polacca e dal trans, ma anche la presenza di Butuntu come principale artefice della violenza. Inoltre sono state trovate delle immagini che immortalano il cittadino congolese in compagnia degli altri tre indagati, compreso un video che potrebbe essere la prova decisiva. Il ragazzo dunque rischia una dura punizione e non potrebbe essere altrimenti data la crudeltà emersa durante gli interrogatori tra il gip del Tribunale dei Minori Anna Filocamo ed i tre indagati. Il magistrato, infatti, ha affermato: “Dalle dichiarazioni rese dagli indagati in udienza, sono emersi particolari agghiaccianti che attribuiscono ai fatti quasi connotazioni di crudeltà”.
Crudeltà è un termine forte che tuttavia non rende totalmente l’idea delle atrocità commesse dal branco ai danni della turista polacca e del trans. Nelle sette pagine dei tre provvedimenti, infatti, vengono riportate le denunce presentate dalle vittime, suffragate dagli esami medici del pronto soccorso e dall’ammissione degli stessi indagati. Particolarmente forte la testimonianza della turista polacca che spiega di aver fatto conoscenza con un ragazzo sulla spiaggia mentre era con il suo amico. Questo ha chiesto loro da dove venissero, quindi gli ha detto: ” ‘Dateci i portafogli e i telefoni’… repentinamente venivamo aggrediti dall’uomo che avevamo di fronte, che subito colpiva il mio amico al volto, facendolo cadere a terra mentre dall’oscurità si materializzavano davanti a me prima due persone, poi un terzo, che mi immobilizzavano, buttandomi a terra, poggiandomi di schiena sulla sabbia e colpendomi con più colpi al volto, alla testa e sul corpo… mentre potevo accorgermi che il mio amico era immobilizzato pure lui sulla sabbia con una persona sopra, i tre, tenendomi anche per la gola quasi a strozzarmi, facendomi rimanere senza respiro, mi calavano i pantaloni e poi gli slip”.
Il terrore e l’impotenza si mischiano alla rabbia e alla disperazione quando i quattro danno vita ai loro intenti e cominciano ad abusare di lei: “Mentre i due mi tenevano ferma con le gambe aperte, il terzo abusava sessualmente di me, penetrandomi nella vagina, dando poi il cambio agli altri due, che mi penetravano anche loro nella vagina… durante questa interminabile azione, durata secondo me più di venti minuti, e mentre i miei aggressori mi dicevano in inglese ‘I kill you’, sentivo che il mio amico veniva picchiato brutalmente”.
Ad un tratto la turista è rimasta paralizzata dalla paura, con lo sguardo spento e gli aggressori, invece di andarsene e lasciarla in pace, hanno pensato bene di portarla in acqua per farla riprendere, quindi hanno ricominciato la loro vergognosa violenza senza alcuna pietà: “Dopo essermi agli occhi degli aggressori di fatto ripresa, venivo nuovamente trascinata da questi per circa due-tre metri verso la spiaggia, ad almeno 15 metri dal mio amico, che sentivo ancora lamentarsi. Ancora immobilizzata da almeno due di questi, ancora di schiena sulla sabbia, venivo girata su un fianco e penetrata contemporaneamente da due di questi criminali sia in vagina sia nell’ano ove mi eiaculavano”. Il racconto della ragazza è crudo ma rende idea degli atti compiuti dagli imputati, resta dunque solo da conoscere le decisioni definitive del tribunale, anche se nessuna condanna potrà mai restituire la vita di prima a questa ragazza.
F.S.