Epatite B in crescita nel nostro Paese: quali sono le cause?

Vaccino contro l’epatite B (websource/archivio)

Dall’Est Europa, ma anche dall’Africa Subsahariana, si diffondono in Italia focolai di epatite B, già ribattezzata da qualcuno epatite da badante. I contagiati, infatti, sono per lo più anziani signori, che accolgono magari delle donne in casa in cerca di compagnia. Ma non solo: ci sono contagiati anche tra i più giovani, che magari chiedono di avere rapporti sessuali senza profilattico. Il ritorno di malattie sessualmente trasmissibili come la sifilide, che sembrava debellata, comporta dunque anche un aumento esponenziale di casi di epatite B. La malattia si trasmette anche con contatto di sangue o fluido corporeo.

Concentrandosi la scienza un po’ troppo sulla lotta all’epatite C, ha forse un po’ perso di vista l’infezione ‘sorella’, della quale soffrono in maniera cronica 240milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto in Asia e Africa. I dati dell’Oms sono preoccupanti e anche per questo nel corso del più grande convegno mondiale sulle malattie del fegato, l’ Aasld (American Association for the Study of Liver Disease), a lungo si è parlato di lotta all’epatite B. Peraltro il vaccino contro questa forma di epatiti esiste, costa appena mezzo dollaro a dose e nel nostro Paese è obbligatorio, come ricordato a ‘Repubblica’ da Giovanni Battista Gaeta, che insegna Malattie Infettive alla Seconda università di Napoli: “L’ Italia è stato il primo paese al mondo, nel ’91, a iniziare la vaccinazione e il risultato è che oggi tra zero e 36 anni la popolazione è protetta”.

Infatti, i casi più diffusi sono tra gli over 40 e gli immigrati, soprattutto da Albania, Romania e Africa subsahariana. Ed è importante però individuarli, perché il virus provoca anche cirrosi e cancro al fegato. Importante è fare terapia per far regredire l’ infiammazione epatica. Si tratta in ogni caso di un virus “molto complesso, un’ arma da guerra programmata per sopravvivere, entrando nel nucleo della cellula”. Ci sono poi i portatori sani del virus, infetti non malati, che – spiega Gaeta – “hanno vita normale e il sistema immunitario consente loro di vivere senza danni”. Ma ci sono anche i soggetti a rischio, conclude l’infettivologo: “Chi ne fa parte deve vaccinarsi, come gli operatori sanitari e gli omosessuali maschi”. Anche chi non è a rischio dovrebbe però evitare rapporti non protetti, che invece come indica uno studio svolto sulla litorale Domiziana in Campania, dove praticano prostitute africane, sono diffusissimi.

 

GM