Stuprata da un profugo: si suicida. Il dramma di Angelica

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E’ una storia tragica quella di Angelica Wiktor, di Vittaryd, nello Småland, in Svezia. Queste le ultime parole della ragazza pubblicate sui social prima del folle gesto: “Mi rivolgo a tutte le ragazze e donne che come me, sono state vittime di stupro. Chi non ha voglia di sapere la verità, può anche non leggere il mio appello. L’uomo che mi ha violentata è stato dichiarato non colpevole e gli è stata data un’altra possibilità. E’ un mio vicino di casa e venne con un suo amico quella notte. Tutto accadde a casa mia. Una sera tardi suonò il campanello e pensai che fosse successo qualcosa. Aprii la porta e subito dopo mi bloccò e mi portò nella mia camera da letto, dove mi violentò mentre il suo amico rimase nel corridoio. Nonostante rapporti, interrogatori e indagini che hanno rilevato lividi e danni causati da stupro, oltre a controlli ginecologici che hanno dimostrato ulteriormente il tutto, esperti che trovarono diverse prove a casa mia, nulla è stato sufficiente e preso in considerazione. Cosi che, ricevetti una telefonata dalla polizia il giorno del mio 30° compleanno e mi dissero: “è stato rilasciato a causa di mancanza di prove”. Non ci potevo credere, era assurdo. Il suo amico mi ha perseguitato da quel giorno, cercandomi online con nomi falsi, e mi perseguita tutt’ora. Cosa fa la polizia? NIENTE”.

Ebbene si, non solo Angelica dovette subire un abuso sessuale, ma si è sentita tradita due volte, anche dalla legge, che nonostante avesse evidenti prove per incastrare il fautore di quello stupro, lo scagionò. Ad occuparsi del caso, una volta che la Polizia chiuse l’indagine, fu un giornalista investigativo e editorialista Joakim Lamotte, il quale volle rendere pubblica la vicenda, anche e soprattutto, per delle testimonianze di amici della giovane vittima. “Si è suicidata!”. Questo è ciò che arrivò alle orecchie di Lamotte. Lo stesso giornalista, in seguito a queste dichiarazioni, contattò la madre che lo incaricò di trovare informazioni utili a capire i motivi per cui, la Polizia, archiviò il caso senza decretare un colpevole. La mamma di Angelica, vide in quella sentenza, la goccia che fece traboccare il vaso e che portò la figlia al suicidio.

Lamotte decide cosi di proseguire le indagini, chiese il rapporto della Polizia per capire come sia stato possibile archiviare il tutto e trovò all’interno una dichiarazione ben precisa della ragazza: “Il suo vicino di casa, Adnan, insieme al suo amico Samir (non sono i loro veri nomi), sono stati nel suo appartamento una sera, in primavera. Angelica prese dei sonniferi in precedenza, non era sicura delle reali tempistiche, ma ricorda Adnan che la spinge in camera da letto, usando la forza per costringerla a letto e tenerla a terra per poi violentarla. L’esperienza già dura, è resa ancor più dolorosa perché Angelica aveva inserito un tampone, che ora è spinto talmente dentro che non riesce più a tirarlo fuori. Mentre viene stuprata, Samir si trova in un’altra stanza dell’appartamento“. Accuse gravi, dirette, che portarono all’arresto immediato dei due. Immediatamente posti sotto interrogatorio, Samir ammette che fossero li quella sera e che lui era nella cucina mentre Angelica e Adnan erano insieme in camera da letto. Continua l’incriminato, dicendo che non sapeva dello stupro fino a quando non andarono via dalla casa e l’amico gli raccontò l’accaduto. Adnan però, negò tutto, anche solo di conoscere Angelica. Venne cosi rilasciato per mancanza di prova. A nulla servirono le dichiarazioni della giovane ragazza, le visite mediche e soprattutto le dichiarazioni inconfutabili di Samir. Cosi Joakim Lamotte al momento della sua pubblicazione riguardo questo caso:  “Questo racconto viene pubblicato dopo aver consultato la famiglia di Angelica, nella speranza che qualcuno della magistratura svedese lo legga e decida di analizzare nuovamente il caso, per vedere se ci sono prove che non sono state ancora lette. Riposa in pace, Angelica”.

Brutte e senza fine quindi, le storie di stupro e di violenza contro le donne. Casi sempre più frequenti, in tutto il mondo. Basti pensare a Maria Ladenburger di 19 anni, di Friburgo. Anch’essa stuprata prima e successivamente uccisa dal suo aggressore anche lui profugo. Hussein Khavari, richiedente asilo di origini afgane.

GVR