
Antonio Calò, professore trevigiano di filosofia, non è un nome nuovo per le cronache nostrane. Tempo fa balzò su tutte le prime pagine per la sua scelta coraggiosa e controcorrente: ospitare sei richiedenti asilo a casa sua dove viveva con moglie e quattro figli. Le critiche che gli caddero addosso all’epoca furono feroci: “Ha il suo bel tornaconto economico!”, “Se avesse dato la casa ad italiani in estrema povertà allora sarebbe un santo”, Se si trasferisse lui in Africa sarebbe meglio: uno scambio alla pari”. Sono solo alcuni esempi di ciò che venne detto a Calò. Lui, incurante di tutte le polemiche, rispose che si trattava di parole dettate dall’ignoranza e specificò che da marzo i “suoi” profughi non percepivano più i famosi 30 euro al giorno.
Ora però parliamo di una decisione che ha del clamoroso e che viene annunciata dal settimanale della diocesi locale Vita del Popolo. Calò ha infatti deciso di lasciare casa sua ai sei profughi che ospitava, trasferendo se stesso e la sua famiglia a vivere in canonica ospiti don Giovanni Kirschner, parroco di Sant’Angelo a Santa Maria sul Sile. Calò spiega: “Da una parte questa esperienza che andremo a fare serve a umanizzare la vita del prete, a normalizzare, dall’altra dà un senso di chiesa che valorizza anche la vita famigliare in una custodia reciproca della persona, prete o laico, che fa bene agli uni e agli altri. L’esperienza va fatta partendo da cose semplici in un rapporto paritario. Il distacco dal valore delle cose ci aiuterà ad affrontare questo che è l’ottavo trasloco per me e Antonio”, spiega la moglie Nicoletta, “ognuno di noi continuerà a fare il suo lavoro, e gli aspetti concreti andranno definendosi di giorno in giorno. Succederà in modo spontaneo, senza regole. Ci vedremo più che altro alla sera, avremo spazi di confronto e di preghiera”.