
A un anno dalla sentenza di primo grado, che lo aveva visto assolto, si avvia conclusione il processo d’appello contro Ignazio Marino per la vicenda scontrini, uno dei motivi principali che portarono alle sue dimissioni da sindaco di Roma. L’ex principale inquilino del Campidoglio il 7 ottobre 2016 venne assolto dalla triplice accusa di peculato, falso e truffa. La sentenza è stata pronunciata dal gup Pierluigi Balestrieri, che respinto le richieste dei pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo. Per lui, la Procura aveva sollecitato la pena di 3 anni e un mese di reclusione, scontata di un terzo per la scelta del rito abbreviato.
Nell’udienza odierna, il pg Vincenzo Saveriano ha chiesto la condanna a due anni e mezzo per le accuse di peculato e falso, mentre ha chiesto l’assoluzione per l’accusa di truffa per le consulenze della Onlus Imagine. Ignazio Marino, anche oggi, si è difeso in aula portando la propria versione dei fatti e sottolineando che “spontaneamente mi presentai in procura e offrii a chi indagava le chiavi della mia agenda elettronica”. L’ex sindaco di Roma ha ricordato poi: “Voglio affermare con grande chiarezza che mai nella mia vita e nelle funzioni di sindaco ho utilizzato denaro pubblico per motivi personali”. Quindi ha concluso: “Se sono ladro sono un ladro scemo e incapace di intendere e di volere”. Il riferimento è alla scelta di dimettersi da senatore appena lanciata la sua candidatura a sindaco e non una volta eletto primo cittadino.
GM