
Nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato del voto politico previsto il prossimo 4 marzo, sottolineando: “Mi auguro una grande partecipazione al voto, che nessuno rinunci a concorrere a decidere le sorti del nostro Paese”. Da parte del Capo dello Stato poi una riflessione: “In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora – i ragazzi del ’99 – vennero mandati in guerra, nelle trincee. Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica”.
Mattarella ci ha tenuto a sottolineare: “Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa. Non avviene lo stesso in tanti luoghi del mondo”. Parole a cui ha replicato il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, sempre molto attivo sui social: “Ma perché mai, presidente, un giovane di oggi dovrebbe andare a votare? Il voto è l’esito di una presa di coscienza, di una condivisione ideale, di una adesione di interessi. Quali idee, speranze, promesse, ricette sono state messe in campo per i giovani dai vari partiti e movimenti? Nessuna”.
Mentana muove a Mattarella diverse osservazioni: “I giovani vedono una scuola fatta a misura del passato, dove l’inglese e il web non sono quasi mai il pane degli insegnanti, dove poco o niente li prepara al mondo del lavoro, un mondo che comunque tiene per loro le porte sbarrate, salvo ruoli gregari o precari, senza speranze di stabilizzazione, senza prospettive per costruire un futuro professionale e personale”. Quindi conclude: “Il voto è una conquista della democrazia consacrata dall’articolo 1 della costituzione, subito dopo le prime fondamentali parole: l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Ma per i giovani, nella realtà, quelle parole sono lettera morta”.
GM