Fatta a pezzi e data in pasto ai cinghiali: fermati due albanesi

Khadija Bencheikh
Khadija Bencheikh (foto dal web)

Si chiamava Khadija Bencheikh la donna marocchina di 46 anni il cui cadavere è stato ritrovato nelle campagne di Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona una settimana fa. La donna uccisa dal 1998 risiedeva in Italia e svolgeva diverse mansioni come badante o addetta alle pulizie. La sua identità è stata confermata dai rilievi effettuati dalla Scientifica, che è riuscita a svolgere il lavoro in breve tempo. Sconcertanti i particolari che erano emersi: Khadija Bencheikh, secondo quanto hanno rivelato i primi risultati dell’autopsia, è stata colpita più volte violentemente alla testa con un corpo contundente non affilato che ha provocato lesioni al cervello. Il suo corpo è stato fatto a pezzi e poi i resti sparsi per i campi: chi l’ha uccisa sperava che i cinghiali la mangiassero facendo sparire ogni traccia.

Intanto, nella tarda serata di ieri, due cittadini albanesi sarebbero stati fermati, su provvedimento del pubblico ministero Giovanni Pietro Pascucci, con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Albanese è anche l’attuale compagno della donna, Adinay, che non si dà pace: “Per me Khadija era Dio. Le devo tutto, era la mia vita. Sono sconvolto, non posso pensare che il mio angelo non c’è più. Khadija non poteva avere nemici. Era una donna molto buona, non ha mai fatto del male a nessuno. E se l’obiettivo fosse stato lui? Se qualcuno ce l’aveva con me, perchè hanno ucciso lei invece di me, allora?”.

Nelle scorse ore, era emersa anche la testimonianza di una connazionale di Khadija Bencheikh: “Poco prima di Natale una donna con il velo si è avvicinata a me in centro parlandomi in arabo, forse incoraggiata dal fatto che lo portavo anch’io, mostrandomi la fotografia di una donna che stava cercando. Non l’ho riconosciuta, ma quando la notizia della morte di Khadija è uscita sui giornali e in tv, ho capito che era proprio lei”.

 

GM