
Saronno. Quello che è emerso dalla perizia disposta dal gip, è che Cazzaniga è stato ritenuto capace di intendere e di volere ma affetto da disturbo narcisistico della personalità. Proprio così, i comportamenti del 62enne dinanzi gli Psichiatri è stato inconfutabile. Perizia soprattutto, per cercare di dare una spiegazione ai fatti avvenuti nel 2016 in merito alla vicenda sulle morti in corsia nel nosocomio di Saronno. Oltre 14 gli indagati, tra cui un primario. In carcere da allora anche l’infermiera, nonchè sua amante all’epoca dei fatti, la 42enne Laura taroni. Intercettazioni scioccanti fatte dalle forze dell’ordine hanno portato alla luce una macabra verità su i due incriminati, amanti al momento dei fatti. Come detto, davanti agli esperti, le dichiarazioni fatte dal dottore non fanno che autenticare la diagnosi: “A torto o a ragione ero considerato la persona più importante e carismatica del pronto soccorso. Io mi ritengo, se non il migliore, uno dei migliori medici. Sì il migliore per la vastità della mie competenze”. Per quanto riguarda il suo rapporto con l’infermiera Laura Taroni, imputata insieme a lui anche se a lei vengono addebitati omicidi in ambito familiare, è stato fatto sapere che non sono emersi elementi di sudditanza di uno rispetto all’altra ma di contro, una volontà assolutamente indipendente.
L’avvocato ha spiegato che, a carico dei due, sono stati diagnosticati evidenti disturbi della personalità che non sconfinano però, nella patologia. Secondo Ennio Buffoli, legale difensore di Cazzaniga questo è ciò che porta il responso: “Con la perizia è venuto meno quel contesto delirante in cui il medico sembrava aver agito stando alle indagini. Questo potrebbe rivelarsi un fattore positivo in quanto è dimostrato che non ha agito indiscriminatamente, bensì su pazienti terminali ai quali, come sempre sostenuto dal medico, intendeva alleviare le sofferenze, non certo ucciderli”. Una contestazione lecita ma non giustificabile, che porta alla immediata replica dell’accusato, diretto nello stesso verso del suo avvocato: “L’ho fatto come una forma di pietà, di cui sono fiero. Ho maturato la convinzione che fosse inumano e anti-pietà comportarsi sul morente in modo accanente. I pazienti in fase terminale o preterminale, per me era semplicemente accompagnarli alla morte”.
GVR