
Uno studio effettuato nell’Università di Southampton (città portuale sulla costa meridionale dell’Inghilterra) e pubblicato in seguito dalla rivista Lancet Oncology, ha accertato che la mastectomia dopo la diagnosi di tumore al seno, non ha effetti migliorativi, sulla speranza di sopravvivere alla malattia. Questo studio inoltre, ha esaminato i dati tratti da oltre 2700 donne di età compresa tra i 18 e i 40 anni con accertata diagnosi proprio di cancro al seno, il 12% delle quali ha avuto la mutazione. Dopo dieci anni dalla diagnosi non sono sopravvissute al male circa 650 donne e la mortalità rilevata è risultata uguale in entrambi i gruppi. Inoltre, circa il 30% delle donne con la mutazione accertata, ha deciso addirittura per la doppia mastectomia, ma neanche questo tipo di intervento è riuscito a cambiare la loro probabilità di rimanere in vita. A tal proposito, queste le parole rilasciate alla Bbc da parte di Diane Eccles (Professoressa di genetica all’Università di Southampton): “Questo ci dice che l’intervento radicale non deve essere fatto subito insieme agli altri trattamenti anche se probabilmente la mastectomia può dare benefici a lungo termine, venti o trent’anni dopo la diagnosi iniziale”.
Il gene preso in considerazione si chiama “Brca”, in seguito rinominato però “gene Jolie”, dato che è stato reso famoso proprio grazie alla ex moglie di Brad Pitt, con la pubblica decisione di farsi asportare preventivamente entrambi i suoi seni dopo la scoperta di esserne affetta. Questa dunque, una mutazione della suddetta particella cromosomica che aumenta fino a otto volte il rischio di cancro ma non è propriamente una condanna a morte, dato che se si ha un tumore al seno le probabilità di sopravvivenza sono le stesse sia per le pazienti che lo hanno, sia per quelle che non hanno il Dna mutato.
GVR