Gabriele Corsi: chi è l’attore e conduttore di radio e televisione

Chi è l’attore e conduttore di radio e televisione Gabriele Corsi: carriera e vita privata, il suo post sui decessi da Coronavirus.

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Classe 1971, Gabriele Corsi dopo il liceo entra all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma, ma viene espulso per una lite con un docente appena qualche mese dopo. Non si allontana però dal mondo dello spettacolo e soprattutto da quello teatrale. Negli anni, si dedica a questa sua passione, finché non arriva il primo ruolo televisivo, nella fiction Il maresciallo Rocca, in cui interpreterà – nelle prime tre serie – il ruolo del carabiniere Michele Falcetti.

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Cosa sapere su Gabriele Corsi: il post sul Coronavirus

Diventa nello stesso tempo un componente del Trio Medusa, a lungo protagonista di trasmissioni radiofoniche ma anche televisive. Dal 2012 al 2015 ha tenuto un blog per Il Fatto Quotidiano. Nel frattempo, gli vengono anche affidate su Real Time diverse trasmissioni televisive. Diventa uno dei volti più noti della rete televisiva, quindi del canale NOVE. Dal 2016 diventa il comico della trasmissione Cartabianca in onda su Rai 3, sia nella versione quotidiana sia in quella di prima serata.

In Rai conduce Boss in incognito su Rai 2 nel 2018 e nell’estate dello stesso anno è al timone di Reazione a catena – L’intesa vincente nel preserale di Rai 1. Sposato con la giornalista di Repubblica TV Laura Pertici e ha due figli: Margherita e Leonardo. Durante la crisi legata al Coronavirus, ha dedicato alle vittime struggenti parole, sottolineando come dietro persone comuni, fatte passare per “solo anziani e malati” ci potrebbe essere un nostro familiare.

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Era mio padre. Quello della foto un po’ sfocata nei necrologi di ieri. Era mio padre. Lo ricordo con una barba nera nera che mi insegnava a dare calci a un pallone nel parco sotto casa. Era mia madre. Quella signora elegante morta da sola in ospedale perché non si poteva entrare. Il dolore più grande. Lei. Da sola. Era mia madre. Che mi faceva posto nel letto grande quando avevo la febbre e mi sembrava, sempre, l’unica cura possibile. Era mio zio. Quel signore con gli occhiali che se n’è andato tra i tanti ieri. Era mio zio. Lo stesso che mi portava a giocare con i modellini di aerei e mi faceva volare restando con i piedi a terra. Era mia zia. La signora senza foto. Solo data di nascita e di morte. Era mia zia. Perché non possiamo neanche andare a casa sua a cercare una polaroid che la ritragga. Lei che a Natale mi ha regalato la prima macchina fotografica. Erano mio padre. Erano mia madre. Erano i miei zii, i miei vicini, i genitori, i parenti dei miei amici. Quelli che, adesso, non possiamo piangere. Quelli che, adesso, non possiamo abbracciarci per lenire il dolore. Quelli che tu non sai chi sono. Ma io sì. Quelli che, per qualcuno, sono “muoiono solo i vecchi”, “sì, ma erano già malati”, “ne muoiono molti di più per altre cause”. E, se sei tra quelli, vuol dire che questo, tutto questo, non ti ha davvero insegnato niente.

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