I raggi del sole uccidono il Coronavirus: i risultati di un recente studio

I risultati di un recente studio pubblicato il 20 maggio dall’Università di Oxford sostengono che i raggi del sole uccidono il Coronavirus su alcune superfici.

(Spencer Platt/Getty Images)

Prosegue il dibattito che riguarda la stagionalità del Coronavirus e il suo ‘rapporto’ con il caldo. Mentre va avanti la corsa al vaccino, da uno studio arrivano dei risultati promettenti. Lo spiega l’agenzia di stampa Reuters. Il riferimento è alla ricerca ‘Simulated Sunlight Rapidly Inactivates SARS-CoV-2 on Surfaces’. La ricerca pubblicata il 20 maggio dall’Università di Oxford dà dei risultati importanti. In sostanza, in base a questa ricerca, la luce solare simulata inattiva il Coronavirus sulle superfici. L’esperimento dei ricercatori del Centro nazionale di analisi e contromisure della direzione della scienza e della tecnologia della sicurezza nazionale (NBACC) è stato effettuato su superfici non porose.

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Su quali superfici i raggi del sole uccidono il Coronavirus

I risultati però sono evidenti: “Questi suggeriscono che la luce solare naturale può essere efficace per ridurre significativamente la quantità di virus sulle superfici esposte, come cassette postali, attrezzature per parchi giochi e carrelli della spesa lasciati all’aperto alla luce del sole”, ha detto a Reuters un portavoce dei ricercatori. In sostanza, i rischi per i bambini che giocano all’aperto e per chi si reca al supermercato sono minimi. Infatti, anche se sono state osservate riduzioni significative del virus dopo pochi minuti di luce solare simulata, il rischio di esposizione dal contatto con le superfici potrebbe non essere completamente eliminato.

Sono necessarie ulteriori ricerche sulla quantità di virus sparso sulle superfici da individui infetti, sulla facilità con cui il virus viene trasferito dalle superfici e sulla quantità necessaria per causare l’infezione per aver un quadro meglio delineato. Per tale ragione, i ricercatori hanno avvertito nel Journal of Infectious Diseases di leggere prudentemente questi dati. La ricerca in questione, dunque, deve essere collocata all’interno di un quadro più ampio.

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