PESCHERECCIO MITRAGLIATO / Italia-Libia, dai primi esami balistici risultano spari ad altezza uomo

PESCHERECCIO MITRAGLIATO – E’ arrivato all’alba di oggi a Porto Empedocle, nell’agrigentino, il motopeschereccio della flotta di Mazara del Vallo (Trapani) raggiunto nella serata di domenica da colpi di mitragliatrice sparati da una motovedetta libica in acque internazionali, al largo della Libia.

L’Ariete, questo il nome del motopesca, è stato posto sotto sequestro dalla Procura di Agrigento per essere sottoposto ad una serie di esami balistici dai Carabinieri del Ris di Messina.
I reati ipotizzati dalla Procura agrigentina, guidata da Renato Di Natale, sono tentato omicidio plurimo aggravato e danneggiamento. Di Natale questa mattina ha effettuato un sopralluogo sul motopesca ‘Ariete’. Insieme a Di Natale sono saliti a bordo del peschereccio anche il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il pm Luca Sciarretta. Nei prossimi giorni, la Procura agrigentina sentirà anche i finanzieri che si trovavano a bordo della motovedetta libica. A darne conferma è il procuratore Di Natale conversando con i giornalisti al molo di Porto Empedocle.
I Ris dei Carabinieri di Messina hanno eseguito dei rilievi sul motopesca colpito da oltre trenta colpi di mitraglia. Dai primi accertamenti sembra che i libici abbiano sparato “ad altezza d’uomo”.
Intanto, il comandante del motopesca Ariete, Gaspare Marrone, questa mattina ha ribadito ai pm che lo hanno ascoltato che il peschereccio si trovava “in acque internazionali” e che l’equipaggio “non stava pescando”.
L’episodio del motopeschereccio mitragliato dai libici merita un “forte impegno perché azioni del genere non si ripetano più”, perché non c’è nessun accordo che “prevede l’uso di armi contro navi pacifiche”. Lo ha spiegato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, rispondendo nel question time ad una interrogazione del deputato radicale Matteo Mecacci che, tra l’altro, chiedeva al governo di “convocare la controparte libica”. Vito ha ricordato che “le collaborazioni con l’autorità libica per l’immigrazione clandestina sono oggetto di intese” firmate dai ministri Amato prima e Maroni poi e di un protocollo del 2007. Il Trattato del ’08, criticato da Mecacci, “richiama un accordo firmato nel 2000 e, per quanto riguarda l’immigrazione, ad altre successive intese” e “non modifica gli accordi del 2007”. Il ministro ha ricordato che per l’ultimo episodio “sono state formalmente presentate scuse”, “avviata una inchiesta” e, in Italia, “è in corso l’indagine del ministero dell’Interno e quella penale contro ignoti”. Vito ha spiegato che “il governo approfondirà i necessari correttivi alle intese tecniche sul pattugliamento congiunto”.
Non accenna a placarsi però la polemica politica. “Si sono scusati è vero, ma in questo caso le scuse non bastano. Bisogna pretendere qualcosa di più, per esempio che vengano ridefinite le regole d’ingaggio e che si risolva una volta per tutte la questione delle acque internazionali tra Italia e Libia”. Così il presidente della commissione Esteri della Camera, Stefano Stefani. “Quando una nave militare intima l’alt – aggiunge l’esponente del Carroccio in un intevento su ‘la Padania’ – non c’è niente da discutere, bisogna fermarsi, cosa che il peschereccio siciliano non ha fatto. Detto questo – aggiunge Stefani – bisogna però dire che arrivare a mitragliare un’imbarcazione di un paese amico ce ne passa”.

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