PERU’: DONNE ANCOR CON POCHI DIRITTI – In Perù si fa un bilancio sulla condizione femminile e si registrano problematicità per quanto riguarda l’appena trascorso 2011. Durante l’anno passato, secondo quanto affermato dall’organizzazione DEMUS (Estudio para la Defensa de los Derechos de las Mujeres) in una nota diffusa negli ultimi giorni, non ci sarebbero stati progressi per ciò che riguarda il riconoscimento di diritti per le donne peruviane.
La mancata approvazione di un protocollo che prevede l’istituzione dell’aborto terapeutico e l’assenza di assistenza per le donne vittima di violenza sessuale in occasione del recente conflitto armato che ha colpito il Paese, sarebbero all’origine del bilancio negativo denunciato da DEMUS.
Responsabili, secondo le portavoce dell’organizzazione femminista, sarebbero tanto il governo di Alan García, in carica durante la prima parte del 2011, quanto l’attuale esecutivo presidiato da Ollanta Humala.
In relazione alla questione dell’interruzione di gravidanza, ancora non riconosciuta come legale dalla normativa peruviana, Jeannette Llaja, di DEMUS, ha affermato: “Non ci sono i presupposti perché la maternità sia il risultato di una decisione libera e informata e non prodotto di una imposizione, violenza o impedimento nell’accesso a metodi di assistenza, inclusa l’anticoncezionale orale di emergenza. E non c’è alcun segnale di apertura all’interno del parlamento, che miri a promuovere iniziative legali orientate verso la depenalizzazione dell’aborto. Così si attenta al diritto a decidere delle donne”.
E’ inoltre vigente in Perù un decreto con il quale i governi hanno limitato il diritto delle donne violentate durante il conflitto armato che recentemente ha interessato i territori peruviani ad essere risarcite dallo Stato. Il decreto stabilisce un risarcimento irrisorio pari a 3. 802 dollari complessivi. Sono state contate dalle ricerche del DEMUS 1.657 vittime di violenza sessuale impossibilitate a ricevere alcun tipo di ricompensa in termini economici.
Redazione Online