
Una missiva, pubblicata dal ‘Corriere della Sera’ e ripresa da tutti i maggiori quotidiani, rischierebbe di complicare la situazione dei funzionari dello Stato, questori, prefetti, dirigenti di polizia, coinvolti nel caso dell’espulsione della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, Alma Shalabayeva, e della figlia piccola della coppia.
La nota sarebbe stata trasmessa dall’ambasciata kazaka alla questura di Roma e indicherebbe il nome da sposata della donna, alimentando così forti dubbi sulla versione ufficiale. La relazione, che si conclude con la “richiesta di arresto” nei confronti di Ablyazov, segnala il dissidente kazako come “ricercato inserito nel Bollettino rosso internazionale”. L’ambasciata kazaka scrive inoltre che “nel febbraio 2012 in Gran Bretagna, come una decisione della Corte suprema di Londra, gli è stata attribuita la detenzione in carcere per un periodo di 22 mesi per mancanza di rispetto della Corte, ma lui è fuggito dalla giustizia inglese”.
Il passaggio della lettera che però complicherebbe la posizione della questura di Roma riguarda l’indicazione del luogo dove in quel momento avrebbe soggiornato Ablyazov nella Capitale, seguita da un invito: “Preghiamo identificare le persone che vivono nella villa. Non è escluso che nella villa conviva sua moglie, cittadina del Kazakistan, Alma Shalabayeva, nata il 15 agosto 1966”.
A questo punto – sostengono ‘Corriere della Sera’ e ‘Fatto Quotidiano’ – sarebbe stato opportuno fare ulteriori verifiche per capire se realmente la Shalabayeva fosse, come lei dice di aver sostenuto al momento dell’identificazione, la moglie di un rifugiato politico. Nel frattempo, il capogruppo del M5S al Senato Nicola Morra ha chiesto la convocazione d’urgenza della conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama per decidere “l’immediata calendarizzazione della mozione di sfiducia contro il ministro Alfano”; la conferma è arrivata dal presidente Pietro Grasso, che ha fissato la riunione per le 15.30 di oggi.
A smentire la versione sostenuta anche da Angelino Alfano, Claudio Scajola, già ministro degli Interni ai tempi del G8 di Genova, che in un’intervista al ‘Fatto Quotidiano’, riferendosi ai rapporti che potrebbero esserci tra il capo di gabinetto del ministero degli Interni, Giuseppe Procaccini, e il titolare del dicastero, ha ricordato la sua esperienza al Viminale, sottolineando: “Io ricevevo il capo di gabinetto ogni mattina entro le 8: leggevo la posta privata, fissavo l’agenda e lui mi aggiornava sui fatti accaduti di notte. Poi ci vedevamo prima di pranzo per capire gli appuntamenti e le pratiche più urgenti. Non lasciavo il ministero, a tarda sera, se non avevo l’ultimo colloquio che faceva il punto conclusivo. Se non ci vedevamo di persona, era tassativo sentirci al telefono”.
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