Uber al contrattacco: ricorso in Commissione Ue contro divieto in Francia

Uber (Adam Berry /Getty Images)
Uber (Adam Berry /Getty Images)

E’ stata una settimana da incubo per Uber quella passata, con diversi tribunali e nazioni dell’Ue che hanno colpito la società di network per il trasporto privato con blocchi e sentenze sfavorevoli: è stato prima un giudice olandese, l’8 dicembre, ad aver dato ragione al governo che vorrebbe multare gli autisti del servizio per trasporto illegale di persone. Il giorno dopo, a Madrid, un’altra sentenza simile ha imposto a Uber di sospendere la sua attività in attesa di un ricorso dei tassisti per pratiche anticoncorrenziali, mentre venerdì 12 un giudice della regione di Bruxelles ha chiesto delle verifiche fiscali sui conducenti che si affidano alla app. Senza contare che anche in Francia, con la Loi Thènevoud, da gennaio Uber dovrà interrompere i suoi servizi.

La società si sente braccata e perseguitata, e con una dichiarazione al “Foglio”, Mark MacGann, capo della Public Policy per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa di Uber, ha annunciato “una controffensiva totale sul piano legale e politico di fronte a governi e tribunali che in mezza Europa stanno proteggendo ‘la corporazione dei tassisti’ a ‘danno di consumatori e nuovi concorrenti’. C’è la sensazione che queste sentenze siano legate tra loro. Ma per ora sono casi isolati’ e tutti legalmente discutibili” ha detto il manager, sostenendo che Uber, spostando la lotta su più alti livelli di giudizio, fino ad arrivare alla Corte di giustizia dell’Ue, alla fine l’avrà vinta.

La controffensiva da parte della società sembra essere già partita un paio di giorni fa, come anticipato dallo stesso quotidiano “Il Foglio”, con un ricorso alla Commissione Ue proprio contro la legge Thévenoud, che dal 1 gennaio vieterebbe nel Paese transalpino il servizio “Uberpop” (il sistema che permette a chiunque di registrarsi come autista con il suo veicolo privato e trasportare clienti del servizio,ndr): “Il compito della Commissione è di proteggere il trattato e le libertà fondamentali”, ha continuato MacGann.

Ricorrere alle istituzioni Ue potrebbe anche non rivelarsi un’idea vincente, dal momento che la Commissione ha avuto posizioni differenti nei confronti di Uber: prima di apertura, con la commissaria Neelie Kroes che ne era una grande sostenitrice, ora, con Jean-Claude Juncker a capo dell’organo Ue, si mostra più prudente e si riserva un paio di mesi per decidere quale natura dare a questo tipo di servizio.

Se dovesse prevalere la linea dichiarata da un portavoce di Juncker, ossia di classificare Uber come “operatore di taxi” che deve essere “regolamentato dalle autorità nazionali”, la strada potrebbe farsi in salita in partenza. Ma MacGann ha risposto: “Uber non è una società di trasporti. È una società di tecnologia che fornisce un software e intermedia domanda e offerta tra autisti e persone che vogliono muoversi in una città’. Uber vuole “essere regolata come una società di tecnologia”, come se fosse AirBnb, che tramite la “sharing economy” – in questo caso si mette a disposizione la propria casa, a prezzi molto convenienti, per altri utenti del sito che si trovano in viaggio – ha sconfitto i rigidi paletti imposti dai siti di prenotazioni alberghiere e sta diffondendo un modo diverso di fare turismo.

E’ proprio su queste basi che regge la tesi del ricorso di Uber alla Commissione, ossia quella di considerarsi un “online service provider” (una piattaforma di servizi online) e non una società di trasporti: e se così venisse riconosciuta anche in Francia non potrebbe più sottostare all’odiata legge Thévenoud.

Uber è comunque intenzionata a ricorrere per molte altre sentenze nazionali: “Se ci sedessimo ad aspettare che i legislatori regolino il settore, ucciderebbero il mercato, perché non c’è alcun incentivo ad aprire”, dichiara MacGann, spiegando che l’intento dell’app è quello di “educare” ad un modello legislativo simile a quello degli Usa, dove quattro anni fa “la lobby dei taxi era estremamente potente” ma è stata sconfitta dalla “popolarità di Uber”. In questo modo in 40 città o stati americani si è deciso di classificare la società come una “Transport Network Company” e si è aperto alla concorrenza in un nuovo settore. “Le prove empiriche dimostrano che Uber non ha sottratto quote di mercato ai taxi, ma sta aumentando le dimensioni del mercato per il trasporto passeggeri, in particolare per le persone che normalmente non spenderebbero soldi per un taxi perché troppo caro”, ha concluso Macgann.

Ap