
Sembra ormai sempre più vicino l’avvio dell’operazione di quantitative easing, ovvero di acquisto massiccio di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea. Ne sapremo di più il 22 gennaio, quando si riunirà il prossimo consiglio direttivo dell’Istituto. Ma l’avvio dell’operazione, sapientemente congegnata dal presidente Mario Draghi sembra ormai inevitabile, con buona pace degli intransigenti del rigore, su tutti il governatore della Bundesbank Jens Weidmann che ancora fino a poche settimane fa insisteva sulla non necessità di acquistare i titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona per ridare fiato alla stagnante economia dell’area.
Draghi invece ha ben presente i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione e non fa che ripeterlo in tutte le occasioni pubbliche, da qualche mese a questa parte. L’obiettivo fissato dalla Bce è infatti di un’inflazione al 2%, ma quella dell’Eurozona è decisamente sotto il target, avendo chiuso il 2014 allo 0,5%, un punto percentuale e mezzo in meno (stima preliminare). Non solo, la Bce a fine anno aveva rivisto in peggio le proprie previsioni su crescita economica, deficit e appunto inflazione nella zona Euro. Un quadro fosco che tuttavia ai tedeschi sembra non essere bastato, anche se l’intenzione di Draghi di procedere con misure non convenzionali per contrastare bassa inflazione e bassa crescita sembra ormai irremovibile. “Faremo tutto quello che serve per alzare l’inflazione e proteggere l’euro”, ha detto chiaramente il presidente della Bce, dichiarando a più riprese che lo staff della Banca centrale stava lavorando alla preparazione di “misure non convenzionali”. Nell’ultima intervista, pubblicata ieri sul quotidiano tedesco Handelsblatt, Draghi ha affermato che per la Bce “il rischio di non rispettare il mandato sulla stabilità dei prezzi è più alto di 6 mesi fa”, ripetendo che lo staff della Banca centrale “è in una fase di preparazione tecnica per modificare la dimensione, la velocità e la composizione delle nostre misure all’inizio del 2015, se dovesse diventare necessario per reagire a un periodo troppo prolungato di bassa inflazione”. Quindi ha assicurato che in merito “c’è unanimità nel consiglio direttivo della Bce”.
Un mese fa Draghi aveva anche ribadito che l’avvio dell’operazione di acquisto dei titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona non necessita l’unanimità del consiglio direttivo della Bce. Draghi ha dunque fatto capire chiaramente di essere pronto a rompere con i tedeschi e sembra aver portato dalla sua parte nuovi consiglieri della Bce. Non solo, per andare incontro agli intransigenti del rigore lo staff della Bce starebbe studiando una formula che permetta alla Banca centrale europea di acquistare i titoli di Stato dei Paesi dell’euro trasferendo su questi ultimi il rischio dell’operazione. Il sistema sarebbe quello di obbligare gli Stati, i cui titoli vengono acquistati dalla Bce, a creare fondi di accantonamento per fronteggiare eventuali rischi titoli. Si tratta però di un meccanismo piuttosto complesso che rischia di vanificare gli effetti del quantitative easing e comunque è ancora tutto da verificare.
Aspetteremo dunque la riunione del 22 gennaio per avere delle risposte definitive, anche se già comincia a circolare l’ipotesi di un rinvio dell’operazione di quantitative easing dopo il 25 gennaio, data delle elezioni politiche anticipate in Grecia. La Bce starebbe pensando ad un rinvio proprio per non interferire sul voto greco, che si preannuncia molto delicato per via della crisi politica che sta attraversando il Paese, stremato da una recessione durissima e da una austerity altrettanto dura imposta dalla troika (Fmi-Ue-Bce). L’ascesa nei sondaggi del partito della sinistra radicale Syriza, con il leader Alaxis Tsipras che già da tempo ha annunciato la sua intenzione di rinegoziare con la Ue il memorandum per gli aiuti finanziari, rischia di destabilizzare non solo la Grecia, ma anche il resto dell’Eurozona, con i tedeschi sulle spine che già hanno messo in guardia i greci sul rispetto degli accordi, mentre il Fondo monetario internazionale ha sospeso gli aiuti finanziari al Paese in attesa di trattare con il nuovo governo. Qualunque decisione da parte della Bce, sia nel senso di un’operazione finanziaria espansiva sia in senso contrario, rischia dunque di assumere una valenza troppo politica. Il consiglio direttivo potrebbe dunque optare per la prudenza e rinviare un’operazione che comunque sarà inevitabile.
V.B.