
Svolta nell’inchiesta a carico di Amedeo Mancini, il 38enne legato all’ambiente ultrà accusato dell’omicidio preterintenzionale di Emmanuel Chidi Namdi, il richiedente asilo nigeriano morto a Fermo lo scorso 6 luglio dopo un aggressione. Nella mattinata di ieri, la Procura della Repubblica di Fermo ha accolto la richiesta di patteggiamento presentata dagli avvocati dell’uomo. In particolare Francesco De Minicis, uno dei due legali, ha chiesto che Amedeo Mancini possa scontare agli arresti domiciliari con il permesso di allontanarsi quattro ore al giorno per lavorare nel suo terreno. All’uomo verrà anche rimosso il braccialetto elettronico che lo accompagna da alcuni mesi.
Sembra soddisfatta per la rapida soluzione del caso l’avvocato Letizia Astorri, difensore di Chimiary, la vedova di Emmanuel: “Accogliamo con favore la richiesta di patteggiamento della difesa di Mancini. Di fatto si tratta di una rinuncia a sostenere un dibattito in sede processuale, quindi di una vera e propria resa. Significa che tutto ciò che gli avvocati di Mancini avevano sostenuto negli ultimi mesi non poggiava su nessuna base solida, altrimenti perché rinunciare a sostenere quelle ipotesi in fase dibattimentale?”.
Per mesi la difesa di Amedeo Mancini ha basato anche le proprie uscite pubbliche su quanto affermato dall’indagato, oltre che dalla supertestimone che sostiene di aver visto il nigeriano poi ucciso aggredire per diversi minuti il fermano. A sostegno della tesi anche le affermazioni da parte di due vigili urbani giunti sul posto. Tra le tante controverse testimonianze, anche il racconto di Andrea Fiorenza, l’amico che si trovava con il contadino e a cui questi avrebbe detto dopo aver scagliato il pugno: “L’ho pijato bene («l’ho preso bene», in dialetto marchigiano), l’ho steso per terra”. Nelle scorse ore, l’epilogo giudiziario della vicenda.
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GM