Lo strano caso di Sherri Papini: rapimento o bluff?

(Websource / Sun)

Il caso del rapimento di Sherri Papini continua ad alimentare un vivace e animato dibattito sul web. La 34enne “supermamma” di Redding, in California, è scomparsa mentre stava facendo jogging lo scorso 2 novembre, per poi ricomparire nel giorno del ringraziamento sul ciglio di un’autostrada nei pressi di Sacramento, il corpo segnato da percosse e ricoperto di sangue, con una mano incatenata dietro la schiena. La donna avrebbe raccontato alla Polizia di essere stata rapita da due donne ispaniche legate a un gruppo di trafficanti del sesso, che l’avrebbero segregata all’interno di un van, torturandola, marchiandola a fuoco e facendole patire la fame. E in un’intervista all’emittente ABC suo marito Keith ha confermato tale ricostruzione fornendo ulteriori, agghiaccianti dettagli. Sherri è stata condotta in ospedale per via delle ferite riportate, ma, stranamente, è stata dimessa poche ore dopo.

Alla luce di questa e altre opacità, complottisti e detective da salotto hanno cercato di colmare le lacune presenti in questa vicenda, spingendosi fino a teorizzare un “finto” rapimento organizzato a tavolino. In un post pubblicato nel 2003 sul blog di uno skinhead , firmato dalla stessa Sherri con lo pseudonimo “Sherri Graeff”, la donna aveva raccontato una vicenda molto simile a quella di cui poi sarebbe stata protagonista: un’aggressione da parte di un gruppo di Latinos a seguito di un diverbio con una donna di quell’etnia. Sempre su quel blog ha scritto di essere stata “perseguitata” dai Latinos durante il liceo a motivo delle sue origini tedesche, e perché era “bianca e orgogliosa del mio sangue e delle mie origini”. Il suo ex marito – con Keith si è risposata dopo il divorzio – ha dichiarato di recente che quel post non era stato scritto da lei, ma da un’amica invidiosa con l’intento di screditarla. Ma una fonte anonima ha rivelato che già nel 2006 Sherri aveva inscenato un finto rapimento, aggiungendo che la donna è “legata al nazionalismo bianco” e ad ambienti ostili agli immigrati e all’Islam. Il buon Keith ha definito “disumani” tutti coloro che non credono alla versione della sua donna, ma intanto il dibattito non accenna a placarsi, tra chi l’accusa di mostrare la coda di paglia con il suo atteggiamento sempre sulla difensiva e chi mette in dubbio anche il fatto che abbia davvero subìto le violenza di cui racconta. Tra tutti questi dubbi, una sola cosa è certa: finché non emergerà un dato certo e incontrovertibile sulla dinamica di questa vicenda, la macchina del gossip e delle dietrologie continuerà a girare.

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