
Un’epidemia di peste sta mettendo in ginocchio il Madagascar e ha provocato già decine di vittime in particolare nella capitale Antananarivo. L’ultimo bollettino parla di 74 morti in appena due mesi. Il ministero della Salute dell’isola africana nell’Oceano Indiano spiega che i casi accertati sono 805 da agosto a oggi. Non si tratta di un fenomeno isolato: dal 1980 a oggi praticamente ogni anno ci sono casi simili, causati quasi sempre da topi che fuggono dalle foreste in fiamme. Stavolta, però, l’epidemia sta colpendo le aree urbane e – appunto – in modo particolare la capitale.
Il governo del Madagascar invita alla calma, ma il Paese africano è in preda al panico: tutti coloro che arrivano ad Antananarivo vengono sottoposti a visite mediche, le aree infette vengono fumigate per sterminare le pulci, scuole e università sono state chiuse e sono vietati addirittura gli incontri pubblici. Nel frattempo, anche la comunità internazionale sta correndo ai ripari: l’Oms ha fornito 1,2 milioni di dosi di antibiotici necessari per combattere l’infezione. Al suo fianco, la Croce Rossa, che ha addestrato centinaia di volontari sull’isola. Gran parte dei contagiati sono uomini, che hanno contratto la peste polmonare: questa ha effetti letali in appena 72 ore ed è di gran lunga più pericolosa di quella bubbonica.
Anche se sempre del tutto scongiurata, la peste purtroppo uccide anche nel mondo occidentale. Due anni fa, negli Usa, avvennero una serie di decessi: da aprile ad agosto, la peste provocò undici contagi e tre decessi in Colorado, Arizona, New Mexico, California, Georgia e Oregon. Particolarmente drammatico il caso di un ragazzo di soli 16 anni, Taylor Gaes, che viveva nella contea di Larimer, due ore a nord di Denver.
GM