
Umberto Trevisan, padre della piccola Carlotta deceduta lo scorso 30 Dicembre nel nosocomio di Padova a causa di un rarissimo virus, Seu (Sindrome emolitico-uremica, una malattia molto rara provocata dal batterio escherichia coli), non prontamente diagnosticato, ha deciso di scrivere una lettera aperta per raccontare tutto il suo dolore per la prematura scomparsa della sua bambina e per accusare i medici del loro scarso operato: “Carlotta si poteva salvare con danni limitati o nulli? Sì, si poteva fare molto a partire sicuramente dal primo giorno in pronto soccorso a Dolo, dove siamo stati rispediti a casa senza che fosse diagnosticata la malattia che avanzava, nonostante le foto delle chiazze di sangue dal diametro preoccupante fatte vedere ai medici. Ora mi sento in colpa per non essere stato insistente. Due giorni dopo Carlotta è stata nuovamente ricoverata a Dolo. Dopo qualche ora il tracollo”.
Nel proseguo della lettera, si evince sempre più, tutta la sua disperazione: “E’ stato necessario un nuovo trasferimento con massima urgenza a Padova. I nuovi esami del sangue si sono dimostrati disastrosi. Carlotta ha passato tutta la notte al pronto soccorso, in delirio, tra dolori e allucinazioni. Bisognava aspettare la mattina. Reputo che dovesse essere subito trasferita in terapia intensiva, non c’era tempo da perdere. Invece il silenzio. Ma cosa stava accadendo? Perché non veniva fatto niente? All’alba trovo una figlia irriconoscibile. Carlotta comincia a vomitare sangue. Vengono fatti altri esami, nessuno evidentemente capisce la gravità della situazione. Le dinamiche cerebrali sono devastanti, perde quasi totalmente la lucidità. Prima di individuare la malattia è arrivata la sera ma ormai sono passati quattro giorni che potevano salvare mia figlia e limitare al minimo i problemi. Esiste un farmaco in grado di bloccare i danni cerebrali, purtroppo a Carlotta è stato dato dopo una decina di giorni. Poi inizia la terapia intensiva e sembra tutto nuovo anche per i gli addetti del reparto. da qui inizia però il precipizio: risonanze magnetiche dal risultato infausto, pressioni basse, cervello, reni, stomaco e pancreas distrutti”.
Il papà, sempre più sofferente continua con i suoi ricordi: “I giorni passano e Carlotta è lì, immobile, fredda e gonfia di liquidi. Poi arriva una piaga che va in necrosi e ulteriori infezioni. Dovrebbe essere operata, ma va in arresto cardiaco e viene così rianimata sul posto, resiste ancora e non molla. Parlare con i medici risulta sempre più difficile. Abbiamo fatto da infermieri io e mia moglie mentre la mia gioia urla per i dolori. Poi arriva una gastroenterite, seguita da una polmonite. La morfina non basta più. I medici decidono di sospendere la dialisi e inaspettatamente la bambina sembra migliorare. Invece all’alba del 30 dicembre muore”. Il suo strazio, il suo dolore ed il suo malinconico stato d’anima, si riflette tutto sulla parte finale della sua lettera, dove manda un messaggio di scuse alla figlia deceduta: “Io, Carlotta, non mi darò pace per tutta la vita. Se solo avessi avuto il coraggio di portarti via in tempo, forse avremmo festeggiato assieme il nuovo anno”.
Secca risposta invece, arrivata dall’ospedale di Dolo tramite un comunicato fatto dal primario di Pediatria dell’Ulss Serenissima, Luigi Vecchiato, che precisa: “Nessun segno di allarme era in quel momento verificabile. È con il secondo accesso che sono stati colti tempestivamente i segnali di allarme. Una volta ipotizzata la diagnosi, confermata dagli esami di laboratorio, che evidenziavano la rarissima patologia determinata da un batterio in grado di produrre una potente tossina capace di provocare danni renali e cerebrali, si è trasferita la paziente immediatamente nella terapia intensiva pediatrica di Padova, quale Centro specializzato”. E conclude il suo pensiero al riguardo: “Un eventuale ricovero anticipato, non avrebbe in ogni caso modificato il decorso della malattia o portato alcun beneficio alla piccola paziente”.
GVR