“Pregare è un diritto, non una concessione”, così il vescovo di Pordenone reagisce alle restrizioni sul Coronavirus, ipotesi messe dal 10 maggio.
“Lavoreremo per definire un protocollo di massima sicurezza in pieno spirito di collaborazione con la Cei”, così il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è intervenuto ieri da Milano sulle polemiche con la Conferenza Episcopale Italiana. Come noto, il premier ha detto no alle messe, ma ha concesso solo i funerali in forma privata, fino a un massimo di 15 persone. Ma di fronte alla reazione dei vescovi italiani, c’è stato già un parziale dietrofront e stamattina c’è un altro passetto in avanti: l’ipotesi è quella che le messe potranno essere celebrate a partire dal 10 maggio.
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Come verranno celebrate le messe in emergenza Coronavirus
Pierluigi Lopalco, responsabile del Coordinamento epidemiologico dell’emergenza in Puglia, durante la trasmissione Agorà su Raitre, ha spiegato che “partecipare a una messa affollata e poi andare a casa, sono d’accordo che sia la stessa cosa che andare allo stadio. Ma pensare a una riapertura di chiese in cui entrano dieci persone per volta e si siedono distanziate fra loro, è un’altra”. Dunque, anche da parte di virologi ed epidemiologi ci sono tiepide aperture. Restano da chiarire alcuni aspetti, il primo riguarda il rito eucaristico: “Come si può fare in sicurezza? Non so se la Cei pensa a modificare il rito religioso pensando a misure per ridurre il rischio infettivo”. Altro aspetto – secondo Lopalco – è “che le chiese sono frequentate soprattutto da persone anziane, che sono quelle che dobbiamo più proteggere”.
L’ipotesi sul tavolo è che ove possibile le messe possano svolgersi all’aperto, in forme comunque ristrette, evitando l’assembramento. Tra i vescovi intanto continua la maretta dopo il discorso del presidente del Consiglio. Rivela monsignor Giuseppe Pellegrini, vescovo di Concordia-Pordenone al ‘Gazzettino’: “Quando ho sentito parlare il premier Giuseppe Conte, domenica sera in diretta televisiva, ho pianto. E non mi vergogno ad ammetterlo”. Secondo l’alto prelato, “pregare è un diritto” e ricorda: “La messa per noi è insostituibile. C’è libertà di culto, Chiesa e Stato sono indipendenti tra loro”. Maggiore cautela è espressa da Papa Francesco, introducendo la messa mattutina a Casa Santa Marta: “Preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni”.
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